In Via Pietro d’Abano, nel cuore della cittadina termale di Abano, troneggia sulla facciata di un Albergo una strana lapide: una classica memoria di pietra. Non celebra eroi, martiri, o santi, ma riproduce per esteso un testo famoso: il Bollettino della Vittoria; quello firmato da Armando Diaz, in data 4 novembre 1918. Il giorno dell’Armistizio tra l’Italia e l’Impero Austro-Ungarico: un testo sul quale si sarebbero formate generazioni di italiani. Con l’ultimo periodo destinato a passare alla storia, e a far parte della memoria collettiva degli italiani: “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza”.
La stessa lapide, con il medesimo testo, sarebbe stata affissa, pochi anni dopo la Guerra, in tutti i Municipi d’Italia: avrebbe fatto da corollario ad altre lapide con l’interminabile elenco dei “caduti”; lapidi che contabilizzavano il tributo di vite umane, che quasi tutti i comuni italiani avevano pagato per la “Vittoria”.
Una lapide fuori posto? Non si tratta infatti di un Municipio, ma di un albergo. Un albergo però particolare, un vero luogo della memoria della Grande Guerra, il cui nome svela il piccolo mistero: Hotel Trieste & Victoria. Lo aveva denominato Trieste il suo proprietario: Quinto Mazzucccato. Un nome non casuale quello della Città irrendenta.

Un Albergo moderno, realizzato nel 1914 all’alba del Grande conflitto, il più innovativo della piccola cittadina, il primo a dotarsi di piscina termale: evocando Antonio Pedrocchi e il suo Caffè, Quinto immaginò di realizzare “l’albergo più bello di tutti”. Non casualmente, nel febbraio del 1918, il Comando Supremo dell’Esercito italiano vi si trasferì, lasciando Padova, dove si era insediato dopo Caporetto. Sui tetti dell’Albergo Trieste e su tutti gli altri requisiti dal Comando Supremo vennero lasciate però le insegne della Croce Rossa, a scongiurare attacchi aerei da parte degli austriaci.
La Città Termale si chiamava allora Abano Bagni, aveva una decina di strutture alberghiere e stava ritrovando la sua antica vocazione termale, che aveva contrassegnato la sua storia già al tempo dei Veneti antichi e dei romani. Sin dall’inizio della Guerra era stata trasformata, per via dei suoi numerosi alberghi, in un grande ospedale militare. I feriti che arrivavano dal fronte alla Stazione di Padova vi venivano trasportati con vari mezzi, tra cui il Tram su rotaie.
Armando Diaz alloggiò nella Suite 110 che, come quelle occupate dagli altri Generali, è stata conservata quasi intatta, con alcuni pezzi originali del vecchio mobilio: la si può visitare e ci si può alloggiare. Il Generale vi soggiornò dal 5 febbraio 1918 fino al termine del conflitto. Da qui partirono gli ordini che consentirono alle truppe italiane di cambiare le sorti di un conflitto che la disfatta di Caporetto sembrava aver pregiudicato irrimediabilmente. Qui Diaz lesse, corresse e firmò il Bollettino della Vittoria. Per questa ragione D’Annunzio, che vi soggiornò varie volte mentre organizzava il Volo su Vienna, lo avrebbe rinominato Trieste & Victoria.