Non erano passate nemmeno poche settimane dalla conclusione del conflitto che l’amministrazione comunale patavina volle solennemente proclamare che la nuova sede municipale, la cui costruzione era auspicata da tempo, sarebbe stata dedicata alla memoria dei padovani morti sul campo diventando il monumento ai caduti della città. Anche se i tempi di gestazione del progetto furono molto lunghi (la prima pietra venne posata da Armando Diaz nel 1922, ma i lavori terminarono solo nel 1932) Palazzo Moroni (o per essere più precisi, l’ala Moretti-Scarpari, dai nomi dei progettisti) divenne il primo esempio di palazzo pubblico destinato al culto dei caduti: la sua facciata riporta l’elenco dei 1376 cittadini padovani morti in guerra e i simboli delle città irredente conquistate, sovrastate da un torrino che culmina nella statua della vittoria.  La memoria della guerra in città è però custodita anche dalla sede storica dell’università, il quattrocentesco Palazzo del Bo. La facciata che guarda esattamente il municipio è decorata con un portone di bronzo realizzato dalla fusione di materiale bellico (la tradizione vuole che si trattasse di cannoni austriaci) inaugurato nel 1923 e che riporta i nomi dei duecento studenti dell’ateneo caduti al fronte. La terza architrave della memoria della guerra a Padova è il Tempio della Pace (via Tommaseo), una chiesa cattolica la cui realizzazione, nel 1920, avrebbe dovuto esprimere la devozione e la gratitudine dei padovani verso Sant’Antonio per aver protetto la città dalla distruzione. In realtà, quando l’edificio venne terminato, nel 1934, autorità ecclesiastica e statale avevano stretto un accordo: in cambio di un sostanzioso contributo, la chiesa divenne Ossario dei Caduti per cause di guerra, e vi vennero traslati resti di 5400 soldati morti durante il conflitto nei molti ospedali del territorio padovano.