Subito dopo la disfatta di Caporetto, Padova divenne la capitale della guerra italiana. Era sempre stata una città-guarnigione, ospitando migliaia di soldati sia sotto gli Asburgo che con i Savoia, e il suo spazio urbano era occupato da grandi caserme popolate da militari ancora in tempi recentissimi, come la caserma Piave, a ridosso della Riviera Paleocapa, e Prandina (Riviera San Benedetto). Ma il collasso del fronte trasformarono Padova da luogo nodale delle retrovie e sede di uffici e depositi in vero e proprio baricentro del potere militare italiano tra 1917 e 1918. All’inizio di novembre 1917, il Comando Supremo, evacuato in tutta fretta da Udine, si trasferì a Treviso e poi a Palazzo Dolfin in corso Vittorio Emanuele (oggi Collegio Teresianum). Qui, la sera del 7 novembre Luigi Cadorna ricevette la notizia della sua destituzione e sempre qui, il giorno successivo, avvenne lo storico (e tempestoso) passaggio di consegne al suo successore Armando Diaz. A Padova si stabilirono anche i comandi operativi delle truppe alleate in Italia: i francesi si insediarono a Palazzo Papafava in via Marsala e i britannici a Palazzo Giustinian Cavalli in via San Pietro. Nei mesi successivi, per ragioni di sicurezza, gli alti comandi vennero tuttavia spostati fuori dall’area urbana. Il Comando Supremo fu spostato prima nella villa Brunelli Bonetti a Tremonte di Teolo e poi definitivamente, il 5 febbraio 1918,  all’Hotel Trieste di Abano (oggi Grand Hotel Trieste & Victoria).  In città rimasero tuttavia molti uffici deputati a gestire l’enorme mole di poteri militari e politici affidati al Comando Supremo dell’esercito in tempo di guerra: il Segretariato Generale per gli Affari Civili presso la sede della Cassa di Risparmio (in Corso del Popolo) e soprattutto il potente Ufficio Stampa e Propaganda, che solo nel febbraio si trasferì a Villa Monzino a Monterosso tra i colli Euganei. Fu il responsabile di questo ufficio, il generale Domenico Siciliani, che redasse presumibilmente il «bollettino della Vittoria», meglio noto come «bollettino Diaz».